venerdì 5 luglio 2013

Prova d'amore (racconto africano)

In un villaggio vive un re con una figlia buona e bella. Molti giovani facoltosi vogliono sposare la principessa e portano al padre, per ottenerla in moglie, ricchi regali: gioielli, stoffe preziose, noci di kola. La ragazza non sa chi scegliere come marito, perciò chiede al padre di dire a tutti che è morta per capire chi l'ama:
«Caro padre, desidero sposare un uomo che mi ami. Da' a tutti la notizia della mia morte e vediamo che cosa fanno i giovani che mi stanno portando regali».
Il re risponde che è pronto a dare questa notizia, anche se a malincuore:
«Figlia mia, per me è molto triste dire che sei morta anche se non è vero; ma faccio come vuoi, perché so che sei saggia».
Tutti gli abitanti del villaggio piangono per la morte della principessa e le donne cantano tristi canzoni. I giovani ricchi, invece, non piangono, ma chiedono di riavere indietro i loro regali, i gioielli, le stoffe preziose, le noci di kola.
Quando questi vanno via, arriva un ragazzo povero che porta una modesta stoffa e una sola noce di kola da mettere nella tomba della figlia del re. Il giovane, piangendo, confessa di aver sempre amato la principessa, ma di non aver mai detto nulla perché è povero.
Il re, felice, rivela a tutti che la figlia non è morta e che ha trovato l'uomo giusto da sposare: un giovane povero con un cuore d'oro.


martedì 2 luglio 2013

«Le ragazzine non possono lamentarsi se poi le stuprano»

Ovvero: botta-risposta immaginario con l'articolo di M. Cubeddu "Ragazze in shorts, vi siete viste?" (Il Secolo XIX, 01/07/2013)

Qualche settimana fa ero a Roma, per lavoro. Trascorrevo la pausa pranzo a Villa Borghese, sdraiato su una panchina. Quando, a un certo punto, sono stato travolto da una nube di “quartine” in shorts. Con “quartine”, a Roma, si intendono quelle di quarta ginnasio, cioè quattordicenni. Era appena finita la scuola. E le strade si sono riempite di ragazzine di 2a e 3a media. Non solo in shorts, ma anche in “minishorts” (il jeans arrivava molto più in alto della fine dei glutei). Alcune si toglievano le magliette e restavano in reggiseno. Altre, con le magliette bagnate per i gavettoni, il reggiseno non lo indossavano.

Orrore, orrore! Ma dov'è il problema?

Qualche giorno fa ero in Sardegna, in giro per paesi molto piccoli. Anche lì, ragazzine, giovanissime, con una parte consistente di chiappe in vista. Sono rientrato a Genova, per una rimpatriata con la mia classe delle medie. Non vedevo i miei compagni e le mie compagne da più di 10 anni. Siamo andati a bere qualcosa nei vicoli. Straripavano di minishorts.

Ripeto: e quindi? Sarò strana io, ma non vedo nulla di male in una ragazzina in pantaloncini.

Ho chiesto alle mie compagne (non esattamente bigotte): da donne, erano perplesse.

Comportarsi da bigotti e trincerarsi dietro un «non sono bigotto». La scusa più antica del mondo.

Secondo una di loro “non possono lamentarsi se poi le stuprano”. 

Tirare il sasso e nascondere la mano: dire «un mio amico/a mi ha detto». La scusa più antica del mondo, parte seconda. Era vecchia già quando leggevamo le domande idiote sulla posta del cuore di Cioè. E comunque, per assurdo, in base allo stesso principio, anche uno stupratore che finisce in galera non dovrebbe lamentarsi se poi lo pestano...

Ovviamente, non esiste e non deve esistere nessuna giustificazione o attenuante per azioni tanto barbare. La violenza sulle donne è disgustosa.

Per la serie «diciamo tutto e il contrario di tutto, tanto nessuno se ne accorge»...

Anche se, personalmente, penso che femminicidio sia una parola idiota. Ogni omicidio è un omicidio. E dovremmo condannarlo senza ricorrere a ridicole discriminazioni di genere.

Ridicolo mi pare il tentativo di squalificare il concetto di genere nelle discriminazioni. Mettiamo in chiaro una cosa: se un uomo mi rapina e parte un colpo di pistola è un conto, se il mio ex-compagno mi fa del male perché non accetta la fine della nostra storia è femminicidio, se un uomo mi violenta e mi uccide è femminicidio. Fattene una ragione.

Inoltre, anche se impopolare, bisogna dirlo: spesso, le violenze domestiche nascono da situazioni in cui, donne con scarsa personalità, si legano a zotici della peggior risma. Più che una questione di genere, mi sembra una questione di mancanza di strumenti culturali.

E su quale ricerca e quali dati si basa questa bella idea della violenza come figlia dell'ignoranza e dell'incultura? Lo sanno tutti che nelle famiglie colte e benestanti queste cose non succedono, già già. E più che di scarsa personalità, da guardare con commiserazione, il problema è di scarsa autostima, temo.

E, pur prendendo le distanze da ogni inqualificabile molestia, la questione rimane: perché le ragazzine si vestono così da sgualdrine?

No, la questione è: qual è il limite di centimetri di carne scoperta oltre il quale si diventa sgualdrine?

Nessuno dei miei amici si fidanzerebbe con una che si veste così.

O forse, nessuna di quelle ragazze si fidanzerebbe con i tuoi amici. Vista la vostra età e vista quella delle "quartine" che prendi come spunto, tra l'altro, in un'ipotetica relazione ci sarebbe un quid di pedofilo...

E nessuna delle mie amiche si vestirebbe così.

E quindi? Le tue amiche determinano cosa è giusto e cosa è sbagliato?

Non si tratta di moralismo.

Di nuovo...

Personalmente, sono grato a questa moda. È un piacere vedere tutte queste Daisy Duke (chi guardava “Hazard” non può aver dimenticato) girare per le città.

Ma non avevi appena fatto capire che non ti piacevano? Insomma, deciditi...

Ma non capisco perché una ragazzina dovrebbe voler apparire in questo modo. Cosa pensano di ottenere?

Forse a qualcuno non è chiaro che una ragazza/donna non mira costantemente a "ottenere qualcosa". Magari vuole solo vestirsi come le pare.

Le donne, nel mondo, ancora orrendamente fallocratico, stanno accrescendo la loro influenza. Esistono differenze biologiche e di genere che esaltano entrambi i sessi e non sono in contrasto con il successo, la serietà e le capacità delle donne. Che, anche in Italia, acquisiscono, forse troppo lentamente, una maggiore affermazione sociale.

Un modo carino per dire «lasciate le cose come stanno, non combattete lo status quo e trovate la vostra realizzazione in qualche altro modo». Forse non mi è chiaro.

Oggi impazzano le campagne per la parità. Alte cariche dello Stato si sono indignate per le parole di Franco Battiato, volutamente travisate dai media: troie in parlamento.

Ci mancava che non tirasse in mezzo Battiato...

Un giudizio politico impugnato da chi, forse, ha la coda di paglia. Non è con il sensazionalismo che cambieranno le cose. La fine delle discriminazioni passa per l’esito di battaglie di lungo periodo, fragili processi storici e fasi di transizione, che muovono da basi profonde. Il primo motore dell’emancipazione femminile, più che la montagna fumante di reggiseni bruciati in piazza, è stata la salarializzazione della Seconda Guerra Mondiale.

Ecco, la suggerisco io una battaglia: fare sì che una donna possa vestirsi come diamine le pare senza essere per questo considerata una donnaccia, una suora, una figa di legno o chissà che altro. Anche sul posto di lavoro, peraltro.

Ma, almeno parte del proprio destino, è data da scelte individuali.

Torniamo velatamente a «se la vanno a cercare», deduco... PS: complimenti per l'uso creativo della punteggiatura.

Siamo così convinti che mettersi il velo sia prigione e i minishorts siano libertà?

No, non lo siamo (infatti questo l'hai detto tu), ma forse la libertà non dovrebbe passare dalla pelle coperta o scoperta.

Siamo convinti non esista una via di mezzo in cui milioni di donne si trovano perfettamente a loro agio?

E immagino che li conosca tutti tu, questi milioni di donne, per sapere come fanno a trovarsi a proprio agio.

Fin da giovani si può decidere chi si vuole diventare da grandi. Care quartine, a voi la scelta: life is short(s).

Il tocco di paternalismo finale, con tanto di gioco di parole vieto e banale. Evviva!

Metti che l'OCSE ti sbugiarda le politiche sull'istruzione


Lucy: «Ma sì, che poi l'università italiana costa troppo (e allora giustifichiamo i tagli), ci sono troppi studenti (e allora smantelliamo il diritto allo studio), ci sono troppi docenti (e allora blocchiamo il turn-over), ci sono troppi dottorandi (e allora togliamo la borsa), le tasse sono troppo basse (e allora le alziamo). Non vogliamo creare masse di quarantenni frustrati e allora scippiamo un sogno o un desiderio ai ventenni di oggi, ma sì, che sarà mai?».

Amica Noe: «E invece troppi cogl... in politica non ci sono??».


[Ragionando sulle tante fregnacce raccontate da chi pensa, e vuol far pensare, che l'università sia un magico paese di Bengodi in cui si magna e si beve senza ritegno e che lo studio sia un comodo parcheggio per fancazzisti. Di norma chi non vuole farsi il mazzo e non ha voglia di lavorare non ne ha neanche di studiare, sapete com'è.
Certo che se l'obiettivo è avere tanti piccoli schiavetti dequalificati che non abbiano competenze per migliorare il loro futuro a crisi finita...
Meno male che c'è l'OCSE, và.]

lunedì 1 luglio 2013

What women want


Gentili uomini, omini e ominicchi, cercate di mettervi in testa questi semplici concetti:

1. Il fatto che una ragazza cammini da sola, senza un uomo come guardia del corpo, NON fa di lei una donna di facili costumi, NON dà il diritto di abbordarla, e tra l'altro NON implica che sia single.
2. Quand'anche sia single, ciò NON significa che stia lì ad aspettare che qualcuno la abbordi (e soprattutto che quel qualcuno siate voi), ma solo che deve andare in qualche posto a fare gli affari suoi e le va benissimo di andarci da sola (vedi punto 1).
3. Se incrocia il vostro sguardo, questo NON è un segnale di assenso all'approccio: significa che vuole poter guardare dove le pare, foss'anche solo perché a camminare con gli occhi bassi si rischia di finire addosso a qualcuno.
4. Frasi come «sei molto bella» (per fermarsi alle meno volgari e più eleganti) significano «sei molto bella», e come tali vengono percepite. NON significano «ok, l'ho detto, adesso me la dai di tua spontanea volontà o me la devo prendere io?».
5. La vis grata puellis, ammesso che sappiate cosa sia, lasciatela a Ovidio. Una donna, quando vuole dire «sì», state pur certi che lo dirà forte e chiaro. In italiano e in tutte le lingue del mondo, vive, morte o in coma che siano, «no» vuol dire NO.

Per tutti i suddetti motivi, fate un paio di favori all'umanità.

Evitate sguardi suini che danno solo fastidio e non lusingano nessuna.
I vostri "complimenti" viscidi infilateveli su per il naso, o per qualunque altro orifizio vi aggradi.
NON sentitevi in diritto di seguirci per la strada. O fatelo, ma sapendo che prima o poi qualcuna con la testa calda e una buona dose d'incoscienza vi infilerà le chiavi di casa negli occhi suini che vi ritrovate.
Ringraziate caramente le vostre madri (donne come noi, eppure...) per non avervi saputi educare.
Chiedete scusa agli uomini che sanno come comportarsi con una donna e portarle il rispetto che merita (ce ne sono a milioni).
E infine sparatevi.