mercoledì 17 aprile 2013

Bloghdad

Quando ho saputo dell'esistenza di EB avevo quindici anni. Portavo i tacchi alti sotto i jeans, magliette fucsia troppo scollate per una ragazza di quell'età («ma tanto non c'è nulla da vedere», mi giustificavo forte del mio fisico a manico di scopa), osavo colori di make-up che oggi non esiterei a definire imbarazzanti. Era agosto e faceva un caldo soffocante. Ero reduce dalla mia prima delusione amorosa e, come ogni quindicenne con la sindrome del cuore spezzato, andavo ripetendo che la vita era una merda e non mi sarei mai più innamorata.
In quella calda e banale estate del 2004, la faccia di EB si materializzò sul mio televisore. Non sapevo chi fosse, né che cosa diavolo ci facesse in Iraq. Bello che quando c'era stato da manifestare contro le sporche guerre in Afghanistan e in Iraq ero stata, con tutti i miei compagni, in prima fila. Ricordo che dicevo: «sarà un nuovo Vietnam», e non potevo neanche lontanamente immaginare quanto poco mi stessi allontanando dalla verità.
Fatto sta che verso la terza settimana di agosto scopro che da qualche parte in Iraq è stato rapito un signore che guarda la telecamera del video dei rapitori con un piglio da giornalista di guerra e che tiene un blog da Baghdad. Figuriamoci, io a quindici anni a malapena so cosa sia, un blog. Ma quella faccia, quella vicenda, mi colpisce. Bam, un pugno in piena pancia. E domande, tante domande. Perché prendersela con uno come lui, che di armi in mano non ne ha e che è assai più simile all'Ulisse dantesco in viaggio fino alla fine (... ma misi me per l'alto mare aperto) che all'Odisseo che escogita l'inganno del cavallo per uccidere uomini e radere al suolo una città. Le contraddizioni di un fuoco che si ha il coraggio di chiamare «amico» (Orwell, bontà di Dio, quanto avevi ragione). E un corpo che sparisce, per avere una degna sepoltura solo a distanza di anni.
Sono passati quasi nove anni dalla sua morte. Solo oggi ho avuto il coraggio di leggere il suo ultimo blog, Bloghdad, di cui ho trovato la trascrizione in pdf. Pian pianino tornerò indietro, in un viaggio da Timor Est alla Colombia, ma ho voluto cominciare dalla fine. Per provare a capire qualcosa di quell'uomo che non ho mai conosciuto, ma che mi ha lasciato, in qualche strano inspiegabile modo, le impronte digitali sul cuore.
Ho letto Bloghdad d'un fiato. Ho riso per le scene di ilarità dopo un attacco missilistico o per gli sprazzi di normalità che uno non si aspetta in un teatro di guerra, chissà poi perché (quando ho letto «chissà se c'è figa a Baghdad» per poco non mi sono ribaltata dalla sedia). Ho avuto i brividi, di tenerezza e di commozione, lasciandomi trasportare nel reparto grandi ustionati dell'ospedale della Croce Rossa Italiana. E poi la svolta, la decisione di trasportare medicine e aiuti a Najaf, assediata dagli statunitensi, mentre altri omini della CRI, lontani migliaia di chilometri, se ne lavano le mani. E alla fine il comunicato dell'imboscata, in uno stile così diverso, poiché scritto da altre mani ancora.
Io Enzo Baldoni non l'ho mai conosciuto, e m'incazzo, perché avrei voluto conoscerlo. In Bloghdad ha scritto che la vita ha il sopravvento sulla morte, ed è vero. Non sono però soltanto le buone azioni a rimanere, come si crede comunemente, ma anche le parole. Scrivere è la chiave per l'immortalità.

«Si è parlato molto di morte in questi giorni: della morte serena di Zio Carlo, filosofo e yogi, che forse sapeva la data del suo trapasso. Guardando il cielo stellato ho pensato che magari morirò anch'io in Mesopotamia, e che non me ne importa un baffo, tutto fa parte di un gigantesco divertente minestrone cosmico, e tanto vale affidarsi al vento, a questa brezza fresca da occidente e al tepore della Terra che mi riscalda il culo. L'indispensabile culo che, finora, mi ha sempre accompagnato».





... infin che 'l mar fu sovra noi richiuso.

1 commento:

  1. hai scritto qualcosa di stupendo, anche io ho le impronte digitali di Enzo sul cuore e non lo dimenticherò mai
    i suoi semi sono fioriti in molti cuori
    peccato soltanto che dieci anni siamo passati, per molti altri, senza insegnamenti
    un abbraccio

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