Prendo spunto da un post di PiccolaStella (che potete leggere qui) sul rapporto con il tempo e ne approfitto per risponderle.
Quando si dice che siamo tutti un po' oraziani, non si va molto lontani dalla verità. Lo siamo in maniera parziale, però: impegnati come siamo a carpere diem, o almeno a provarci, dimentichiamo il resto dell'ode. La riporto per intero, insieme a una mia proposta di traduzione:
finem di dederint, Leuconoe, nec Babylonios
temptaris numeros. Ut melius, quidquid erit, pati,
seu plures hiemes, seu tribuit Iuppiter ultimam,
quæ nunc oppositis debilitat pumicibus mare
Tyrrhenum: sapias, vina liques, et spatio brevi
spem longam reseces. Dum loquimur, fugerit invida
ætas: carpe diem, quam minimum credula postero.
Non chiederti – è peccato saperlo – qual fine a me, quale a te
gli dèi abbiano dato, Leuconoe, e non mettere alla prova
gli oroscopi di Babilonia. Assai meglio sopportare tutto ciò che sarà,
che molti inverni abbia concesso Giove, o che sia l'ultimo
questo che ora contro gli scogli fiacca il mare
Tirreno: sii saggia, mesci il vino, e nel breve tempo
recidi una lunga speranza. Mentre parliamo, già fugge il tempo
crudele: afferra l'attimo, non pensare affatto al domani.
Afferrare il presente vorrebbe dire liberarsi dalla schiavitù del domani, invece finiamo per fare esattamente il contrario. Nei secoli stiamo imparando a fruire dell'oggi, a godere del momento, ma nessuno ci ha ancora insegnato a mettere in pratica la rinuncia alla preoccupazione per il futuro. Forse riusciremmo a farlo soltanto se tenessimo a mente anche quanto dice Seneca nel de brevitate vitæ: «non abbiamo poco tempo, ma ne perdiamo molto».
La cultura romana sentiva in maniera molto urgente il problema del tempo a disposizione dell'uomo. Catullo ha appena vent'anni, è poco più che un ragazzo, quando scrive: «il sole può tramontare e rinascere; a noi, una volta che sia tramontata una breve luce, resta da dormire un'unica eterna notte». Ha potenzialmente tutta la vita davanti, eppure sente di non avere tempo. Come se in qualche modo presentisse che la morte arriverà per lui fin troppo presto.
Forse, se anche noi tenessimo a mente che tutto può finire in un istante, riusciremmo davvero a vivere l'oggi. Lasceremmo andare il passato e non ci preoccuperemmo del futuro. Avremmo qualche motivo in meno per avercela con il nostro prossimo, anche.
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