Quante volte le sentiamo in una giornata?
Molti dei miei più cari amici sono omosessuali. Alcuni dichiarati, la maggior parte no. Quand'ero più piccola mi chiedevo, un po' ingenuamente, di che cosa si vergognassero. Poi sono cresciuta e ho iniziato a riconoscere la paura di ricevere uno sguardo colpevolizzante, un commento malevolo, un'offesa verbale o addirittura fisica. Il timore di "deludere" i propri familiari, certo, ma anche il terrore di avere problemi sul lavoro. Come se essere omosessuali fosse una colpa.
Un ragazzo di quindici anni si è impiccato. Quindici. Al posto suo potrebbe esserci, a seconda della nostra età, un nostro fratello, o amico, un nostro allievo, un nostro figlio. La pena che si portava nel cuore la conosce solo lui, e non sono nessuno per provare a descriverla anche solo lontanamente. Ma proviamo, anche solo per un attimo, a immaginare.
Perché è dovuto accadere? Qualcuno potrà dire «non doveva uccidersi, doveva lottare», ma è troppo facile. Beati coloro che sono sempre sicuri di sé stessi, che ignorano che cosa può accadere in un attimo di disperazione: basta un niente, un'impennata dell'anima, e d'improvviso tutto salta.
Chi dovrà (dovrebbe) rispondere per la morte di questo ragazzo, che purtroppo non è il primo e temo non sarà l'ultimo a uccidersi?
Sicuramente quelli che «l'omosessualità è contro natura» e altre idiozie parascientifiche. Trovatemi un testo scientifico, uno solo, che provi una tesi delirante di questo genere.
Quelli che sono troppo beceri, ignoranti e cattivi per lasciare in pace chi è "colpevole" di vivere in un modo che dà loro fastidio. Ma farvi una vita vostra, no?
Ma anche quelli, molto più ipocriti e se possibile ancor più schifosi, che «no, non sono omofobo, non mi danno nessun fastidio, basta che non vengano a rompere le palle a me» (evidentemente, costoro sono parenti stretti di quelli che «non sono razzista, basta che se ne stiano a casa loro»). Dico, ma vi sentite? Pulitevi la coscienza finché vi pare, tanto per quanto voi vi crediate assolti, siete per sempre coinvolti.
Quelli che «ma cosa t'importa dei loro diritti, Lucy? Tu mica sei lesbica». Sai mai che non sia una malattia contagiosa...!
Tutti costoro, questi soggetti che mi rifiuto di definire persone, mi fanno vergognare di me stessa, perché di fronte alla loro miseria umana non riesco a non pensare per un attimo: ma vi ammazzaste voi, carogne, tutti quanti.
Non si può morire a quindici anni. Non si può morire così.

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