giovedì 8 novembre 2012

Marco Tullio e dintorni

«Se devo interpretare il senso spirituale delle sue parole, interpreterei "che palle!"».
Sive: come sopravvivere a un relatore intenzionato a demolire trecento pagine di tesi.

Per carità, in certe cose ha anche ragione, ad esempio quando dice che dovrei essere più stringata, mettere qualche punto fermo in più e qualche punto e virgola in meno. Il fatto è che chiedere a me di essere meno prolissa è come chiedere a Hannibal Lecter di diventare vegano.
Almeno, così pensavo fino a qualche ora fa. Navigando (e va bene, cazzeggiando) su Internet ho scovato una perla dedicata al padre spirituale di tutti i prolissi, al re dei periodi di venti righe con ventordicimila subordinate e un milione d'incidentali: Cicerone. Dapprima mi sono fatta una risata, poi sono inorridita nella consapevolezza di essere stata contagiata dalla stessa malattia: 


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