Maturità 2013: alla fine è uscito Quintiliano.
(Detto tra noi, ma quant'è brutto? E dai, Marco Fabio, sorridi!)
L'anno in cui diedi l'esame di maturità mi capitò Seneca. Speravo in Cicerone, mentre il professor CC (storico docente del liceo classico di Città Mesopotamia, che probabilmente fu costruito intorno a lui già nel lontano 1812) cercava di spaventarci con frasi come «secondo me uscirà Agostino». E chi l'aveva mai visto, Agostino? Giusto un'infarinatura quando avevamo affrontato la patristica, in filosofia. Non sapevamo cosa ci perdevamo. Ci capitò invece Seneca, il maledetto.
Andò più o meno così. Frase uno: dai, è solo una riga, questa è facile, ce la si fa. Frase due: non un punto fermo fino alla fine della versione. Ohccazzo. Mi guardo intorno con circospezione: i miei compagni che si tengono la testa tra le mani. Mi armo di pazienza e di bustine di miele, testa bassa, inizio a tradurre. La sfango sbagliando solo una parola. Uno stupido quid.
Devo dire che quest'anno è andata meglio. Dopo l'Aristotele assurdo dell'anno scorso, d'altronde, era difficile fare di peggio. Come ogni anno, mi sono cimentata anch'io con la versione della maturità, giusto per non perdere lo smalto e vedere se sono ancora in grado.
Di seguito una mia ipotesi di traduzione e il testo della prova.
«Ma adesso affronto i generi letterari stessi che, a mio avviso, si addicono maggiormente a coloro che intendano diventare oratori. Dunque, come Arato ritiene che si debba iniziare da Giove, ugualmente ci sembra opportuno e legittimo cominciare da Omero.
Questi infatti, proprio come dice che dall'Oceano abbia inizio il corso stesso di fiumi e sorgenti, ha dato un modello e un impulso a tutte le parti dell'eloquenza. Lui, nessuno potrebbe superarlo quanto a sublimità negli argomenti elevati e a proprietà in quelli minori. Sempre lui è fecondo e essenziale, gradevole e grave, mirabile talvolta per la ricchezza, talaltra per la concisione, straordinario non solo per capacità poetica ma anche per valenza oratoria.
Del resto, per tacere delle lodi, delle parenesi e delle consolazioni, il nono libro, in cui è contenuta l'ambasceria ad Achille, o la contesa tra i capi nel primo libro, o i pensieri espressi nel secondo, non sviluppano tutte le tecniche dell'oratoria giudiziaria e deliberativa? Senz'altro, per quanto riguarda le emozioni, che siano miti o concitate, nessuno sarà tanto ignorante da dire che questo autore non le padroneggiasse perfettamente.
Suvvia: non è forse vero che all'inizio di entrambi i poemi, in pochissimi versi, la legge dei proemi è stata da lui non dico rispettata, ma costituita? In buona sostanza, egli rende l'ascoltatore contemporaneamente benevolo con l'invocazione alle Dee ritenute patrone dei vati, interessato con la grandezza degli argomenti che gli mette davanti e ben disposto a seguirlo con una rapida sintesi degli avvenimenti. E in verità chi può narrare con più concisione che il messaggero della morte di Patroclo, o in maniera più significativa di colui che racconta la battaglia tra Cureti e Etoli?».
Sed nunc genera ipsa lectionum, quæ præcipue convenire in tendentibus ut oratores fiant existimem, persequor. Igitur, ut Aratus ab Iove incipiendum putat, ita nos rite coepturi ab Homero videmur. Hic enim, quem ad modum ex Oceano dicit ipse amnium fontiumque cursus initium capere, omnibus eloquentiæ partibus exemplum et ortum dedit. Hunc nemo in magnis rebus sublimitate, in parvis proprietate superaverit. Idem lætus ac pressus, iucundus et gravis, tum copia tum brevitate mirabilis, nec poetica modo sed oratoria virtute eminentissimus. Nam ut de laudibus exhortationibus consolationibus taceam, nonne vel nonus liber, quo missa ad Achillem legatio continetur, vel in primo inter duces illa contentio vel dictæ in secundo sententiæ omnis litium atque consiliorum explicant artes? Adfectus quidem vel illos mites vel hos concitatos nemo erit tam indoctus qui non in sua potestate hunc auctorem habuisse fateatur. Age vero, non utriusque operis ingressu in paucissimis versibus legem prohoemiorum non dico servavit sed constituit? Nam et benivolum auditorem invocatione dearum quas præsidere vatibus creditum est et intentum proposita rerum magnitudine et docilem summa celeriter comprensa facit. Narrare vero quis brevius quam qui mortem nuntiat Patrocli, quis significantius potest quam qui Curetum Ætolorumque proelium exponit?
(Quint. Inst. or. 10, 1, 45-49)








