giovedì 6 giugno 2013

Come si sente una donna

Traduco in italiano la versione spagnola dell'articolo "Como se sinte uma mulher", scritto dalla blogger brasiliana Claudia Regina per la rivista online, dedicata a un pubblico maschile, Papo de homem. L'articolo, pubblicato il 22 maggio 2013, in due giorni ha raggiunto 600.000 visualizzazioni e 3200 commenti, che hanno sovraccaricato il server su cui si trovava la pagina.
Lo stile è semplice, senza inutili fronzoli, diretto e preciso. Parole, taglienti come rasoiate, che centrano il punto e mettono nero su bianco quello che ogni donna ha sempre pensato e non ha mai saputo dire.
Da leggere e da far leggere, soprattutto agli uomini.


È successo ieri. Esco dall'aeroporto. In un percorso di dieci metri, vedo solo uomini. Tassisti fuori dalle macchine che parlano. Funzionari in maglietta: «Serve una mano?». Un uomo con la cravatta, la sua valigetta e il cellulare in mano. Uomini diversi, sparsi in questi dieci metri di cammino. Andando per questi dieci metri, mi sento come una gazzella che passeggia tra i leoni. Sono guardata da tutti. Misurata. Analizzata. Il mio corpo, i miei glutei, i miei seni, i miei capelli, le mie scarpe, la mia pancia. Tutti mi stanno guardando.


È successo quando avevo tredici anni. Praticavo uno sport tutti i giorni. Uscivo dalla palestra e camminavo per circa due isolati fino alla fermata dell'autobus alle sei di sera. Camminavo sul marciapiede quasi vuoto di una grande strada. Di queste camminate mi ricordo due momenti memorabili di questa violenza urbana. Macchine che rallentavano quando si avvicinavano, e dentro si sentiva una voce maschile: «Sei bella!». Uomini soli che passavano lungo il marciapiede, si guardavano indietro e dicevano: «Che delizia». Io avevo tredici anni. Portavo pantaloni lunghi, scarpe da ginnastica e maglietta.

Adesso moltiplica questo per tutti i giorni della mia vita. So che per gli uomini è difficile capire come questa possa essere violenza. Noi stesse, donne, ci abituiamo e lasciamo che sia così. Ci abituiamo per poter vivere la vita di tutti i giorni.

Uno di questi giorni stavo seduta in spiaggia guardando il mare dal quale usciva una giovane. È passata vicino a un tipo che le ha detto qualcosa. Lei si è allontanata ed è venuta camminando verso di me. Le ho detto: «Buonasera», lei ha detto che l'acqua era deliziosa e abbiamo parlato un po'. Le ho chiesto se il tipo le avesse detto qualche stupidaggine. Le mi ha detto: «Sì, ma siamo talmente abituate, vero? Queste cose le ignoriamo automaticamente».

Il privilegio è invisibile. Per un uomo è possibile riconoscere il privilegio solo se c'è empatia. Prova a immaginare un mondo dove, per cinquemila anni, tutti gli uomini fossero stati sottomessi, violentati, assassinati, limitati, controllati. Prova a immaginare un mondo dove per cinquemila anni solo le donne fossero scienziate, fisiche, capi della polizia, matematiche, astronaute, mediche, avvocate, attrici, generali. Prova a immaginare un mondo dove per cinquemila anni nessun rappresentante del tuo genere si sia distinto nel teatro, nell'arte, nel cinema, in televisione. A scuola apprenderesti la storia fatta dalle donne, la scienza fatta dalle donne, il mondo fatto dalle donne.


Nella sua opera "Una stanza tutta per sé" Virginia Woolf descrive il motivo per cui sarebbe stato impossibile per una ipotetica sorella di Shakespeare scrivere come lui. Woolf dice:

Quando leggiamo di una strega bruciata, di una donna posseduta dal demonio, una saggia donna che vende erbe […] credo che stiamo vedendo una scrittrice persa, una poetessa annullata.

Dall'inizio del patriarcato, da cinquemila anni, le donne non hanno avuto sufficiente libertà per essere scienziate o artiste. Woolf spiega:

La libertà intellettuale dipende da cose materiali. […] E le donne sono sempre state povere, non solo per duecento anni ma dall'inizio dei tempi.


Sebbene il mondo stia cambiando, esistono ancora minori opportunità e riconoscimenti per cui le donne e le minoranze esercitino qualsiasi occupazione intellettuale. I lettori di una pagina Facebook sulla scienza ancora suppongono che il suo autore sia un uomo e commentatori televisivi non considerano le manifestazioni culturali che vengono dalle favelas come vera cultura.

È vero: oggi la vita è migliore, soprattutto per una donna occidentale come me. Però, sebbene sia una donna libera e di successo, che vive in una metropoli culturale, ancora sento sulla pelle le conseguenze di questi cinquemila anni di oppressione. E se tu volessi vedere questa oppressione non avresti bisogno di andare sui libri di storia. Devi solo accendere la televisione.

Rio de Janeiro, 2013. Una coppia viene sequestrata in un furgone. Le sequestratrici si sono messe uno strap-on sporco che puzzava di merda e di muffa, e hanno violentato il ragazzo. Tutte loro, una per una, mettevano quel dildo enorme nel culo del giovane, senza preservativo né lubrificante. La fidanzata, poverina, ha cercato di fare qualcosa, però l'hanno legata e l'hanno presa a pugni e calci.

Al leggere la notizia, ti immedesimi nella vittima (che ha sofferto una delle peggiori violenze fisiche e psicologiche esistenti) o in chi guarda? Naturalmente i generi sono scambiati, la violenza reale è accaduta alla donna.

Quante violenze subisco solo perché sono una donna?


Durante l'infanzia non mi hanno lasciata essere scout perché non era una cosa da bambine. Mi hanno violentata a otto anni (io e almeno due terzi delle donne che conosci tu hanno subito una violenza di questo tipo e probabilmente non l'hanno raccontato a nessuno). Ho sofferto durante tutta l'adolescenza perché non mi comportavo in maniera femminile. Perché non avevo seni. Perché non avevo capelli lunghi e lisci. Da sempre la mia sessualità è stata repressa dalla famiglia, dalla società e dai media. Qualsiasi cosa facessi male mi costava l'accusa di essere una sfaticata.

In uno dei miei primi impieghi ho sentito dire che le donne non lavorano tanto bene perché sono molto emotive e soffrono di sindrome premestruale. In un altro lavoro il mio capo mi ha detto che avevo dei capelli brutti e mi ha pagato un parrucchiere perché me li facessi lisciare, per essere più presentabile per i clienti. Ho deciso di non essere schiava della depilazione e vengo guardata con schifo quando mi metto i pantaloncini o le magliette smanicate. Ho usato molto trucco solo perché la televisione e la pubblicità fanno vedere donne truccate, e per questo è molto facile sentirsi brutte con il viso pulito. Tu, uomo, sai cos'è il trucco? C'è un prodotto per rendere la pelle omogenea, uno per nascondere le occhiaie, un altro per nascondere le macchie, uno per colorare le guance, uno per esaltare le sopracciglia, un altro per le ciglia, un altro per colorare le palpebre, un altro per colorare le labbra. Quante volte ti sei messo così tanta roba in faccia solo perché il tuo capo, o una persona al primo appuntamento, ti avrebbe visto brutto con la faccia pulita?

Quando sono in metropolitana mi posiziono in un luogo sicuro perché nessuno mi si strusci contro. Tu lo fai? Quando vado a riunioni familiari mi chiedono perché sono così magra, che cosa ho fatto con i capelli e se ho un fidanzato. A mio cugino chiedono cosa sta studiando e che lavoro fa. In televisione il 90% delle pubblicitá mi denigrano. Quasi nessun film mi rappresenta o passa il Test di Bechdel. Tutte le donne sono mostrate con vestiti sexy, perfino le eroine che si suppone dovrebbero usare vestiti comodi per le battaglie. Le riviste mi insegnano che il mio obiettivo a letto è piacere a un uomo.

Mentre tu, uomo, comparavi il tuo pene con quello dei tuoi amici, a me, donna, insegnavano che masturbarsi è una cosa molto brutta e che se portavo minigonne non meritavo rispetto. Quanto tempo ho tardato a liberarmi della repressione sessuale e a convertirmi in una donna a cui piace scopare? Quanto tempo ho tardato per liberarmi a letto e per venire, mentre alcune delle mie compagne continuano a preoccuparsi se il loro partner vede la cellulite o il rotolo di ciccia e per questo non arrivano all'orgasmo? Quanto tempo ho tardato ad avere il coraggio di guardare un cazzo senza scopare a luce spenta? Quante volte ho ascoltato, mentre guidavo, un «ecco vedi, naturalmente era una donna»? Quante volte hai tagliato la strada a qualcuno e hai ascoltato un «ecco vedi, proprio un uomo»? Tutto questo per, a fine giornata, andare a cena in un ristorante e non ricevere il conto quando lo chiedo, perché da cinquemila anni sono considerata incapace. E tutto questo, cazzo!, per sentirmi dire che sto esagerando, che il maschilismo non esiste più.

Questo è un riassunto di quello che soffro o corro il rischio di soffrire tutti i giorni. Io, donna bianca, eterosessuale, di classe media. La donna nera soffre più di me. La donna povera soffre più di me. La donna orientale soffre più di me. Ma tutte soffriamo dello stesso male: nessun paese del mondo tratta le sue donne tanto bene come tratta i suoi uomini. Nessuno. Né Svezia, né Olanda, nemmeno l'Islanda! In tutto il mondo civilizzato soffriamo violenze e abbiamo meno accesso all’educazione, al lavoro o alla politica.

In tutto il mondo siamo ancora le sorelle di Shakespeare.
**
E tu, lettore uomo, quando ti abbordano in maniera ostile per la strada, pensi «per favore, non mi tolga il cellulare» o «per favore, non mi stupri»?


Tutte le fotografie sono autoritratti di Claudia Regina, che ringrazio per aver concepito uno dei testi, a mio avviso, più belli che siano mai stati scritti.

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