«Questa vita fatta di lezioni e professori assenti, file chilometriche per fare i documenti, prendere un bel 30 per sentirsi più felici ma sola e senza i tuoi amici».
Così cantava, qualche anno fa, Simone Cristicchi in Studentessa universitaria, che è un po' l'inno ufficiale delle ragazze che si ostinano a studiare in vista della laurea (ministro Fornero, mi spiace, non tutti si laureano «tanto per laurearsi» e giusto per avere un pezzo di carta in più, se ne faccia una ragione).
Ora, per fortuna la parte sulla solitudine e sull'assenza di amici non mi tocca; sono, anzi, convinta che si possa e si debba avere contemporaneamente una media molto buona e una vita. Su tutto il resto, invece, il Cristicchi ci ha preso in pieno.
Per farla breve, ho la forte tentazione di scrivere a una certa docente: «Gentile professoressa, nei miei messaggi precedenti ho cercato di ignorare l'idiosincrasia che provo da sempre nei suoi confronti e di trattarla con il rispetto che merita il suo ruolo, non certo la sua buona creanza; tuttavia, dal momento che non si degna nemmeno di rispondermi muoia, dottoressa o qualcosa di simile, mi rimangio tutto quello che ho scritto e la mando molto carinamente a Quel Paese. Cordiali saluti, che poi vuol dire "crepi e sciopi al più presto"... almeno dalle mie parti, poi da lei non so».
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