mercoledì 26 dicembre 2012

Eva e Lilith (di Lerici, di Pontifex e di altre cose)


Esistono sacerdoti per i quali l'appellativo «don», dal latino dominus, «signore», suona stridente. Assai poco di signorile si trova nelle loro esternazioni e nei loro comportamenti, che paiono fatti apposta per allontanare le persone dotate di un minimo di apertura mentale dalla Chiesa. Bastano poche parole buttate con tracotanza, quanto basta d'odio e un pizzico di ignoranza (reale o costruita che sia), e lo scontro è servito. Certe volte viene da pensare che ce la mettano tutta per provocare.
Impiego questo verbo non a caso: proprio sul concetto di provocazione si basano le tesi di Piero Corsi, parroco di Lerici (SP). Stando a quanto scritto su un volantino affisso in chiesa, le donne dovrebbero «fare autocritica» e riconoscere di provocare le reazioni violente degli uomini. Altro che femminicidio. Il succo è: ti picchiano? Colpa tua, ché non guardi i figli e non accudisci la casa come dovresti, passi troppo tempo a lavorare. Ti violentano? Colpa tua, ché hai scoperto troppi centimetri di pelle o hai guardato negli occhi l'uomo sbagliato. Ti uccidono? Dolcezza, te la sei cercata. Beninteso, questa non è solo farina del suo sacco: il Corsi ha ripreso alcuni stralci da un editoriale apparso su Pontifex.Roma, «blog cattolico non secolarizzato» (sic).
La notizia, riportata dal Secolo XIX, è rimbalzata sui maggiori media, provocando sdegno. Non si è fatta attendere la replica di Pontifex.Roma, su cui è apparso un nuovo articolo che si scaglia contro «l'arroganza dei tuttologi» e «la crociata dei pezzenti»: le reazioni indignate sarebbero spropositate e dovute all'ignoranza della dottrina. Viene sbandierata l'affermazione ignoramus et ignorabimus, traducibile grosso modo come «siamo ignoranti e continueremo a esserlo»: peccato che il seguito dell'editoriale sia per la maggior parte un collage di passi estrapolati dalla Summa Theologica di Tommaso d'Aquino, in traduzione (senza uno straccio di testo critico, in lingua originale, su cui verificarla), senza commento. Non esattamente il modo migliore per rischiararci dalle tenebre della peccaminosa ignoranza in cui ci è stato detto che versiamo. Ignoramus et ignorabimus, adesso sì. Inoltre, Tommaso d'Aquino è stato un pensatore, un teologo, un commentatore. Certamente un gigante, ma non la Verità assoluta. Se ci si ritiene cristiani è doveroso studiare le opere dei Padri, ma senza dimenticare che il centro del messaggio cristiano è un altro. Gesù Cristo. Quello va studiato, quello va approfondito, quello va discusso, quello va comunicato. Stop.
Scendiamo, però, dal piano del sacro alla vita quotidiana. Usiamo un po' di semplice buon senso. Dire che le donne lavorano troppo e non badano più alla casa come dovrebbero è una chiara mistificazione: al giorno d'oggi, già si fa fatica a tirare avanti con due stipendi, figuriamoci con uno. Alzi la mano un uomo al quale faccia schifo un'entrata finanziaria supplementare. Quanto ai figli, si fanno in due. Bisognerebbe anche crescerli in due, allora. O forse che, quando non fa comodo, sono soltanto della madre?
Riguardo alla violenza sessuale, liquidarlo col solito «te la sei andata a cercare» è ingiusto, semplicistico, criminale. Non fa bene a nessuno: alle donne, ma anche agli uomini che le rispettano. L'idea di base è: basta un niente perché gli uomini ti saltino addosso, quindi stattene buona e vedrai che non corri rischi. Ma il problema vero è la libertà femminile o la devianza di certi uomini? Siamo alla malattia che cerca di convincere il medico che il problema sia la parte del corpo sana. Se un uomo, attraente finché si vuole, va in giro a torso nudo, nessuno si sogna di aggredirlo, e di certo sarebbe così persino se la sua nudità fosse integrale. Per quale motivo una donna deve avere paura di vestirsi in un certo modo o addirittura di uno sguardo di troppo? E non si tiri fuori il solito discorso di «quelle che vanno in giro vestite come puttane»: se un uomo la pensa in un certo modo (tu sei mia e io faccio di te quello che voglio, quando voglio) puoi indossare una minigonna o una tuta, non cambia nulla. La violenza sessuale non sarà annullata vestendoci di sacco e rinchiudendoci in casa; è necessario estirpare, piuttosto, questo habitus mentale: «faccio di te quel che voglio perché sei una donna, per il semplice fatto che sei donna». Oppure, il che è lo stesso, «per il semplice fatto che ti percepisco come più debole di me». Dicano, i signori di Pontifex, i possessori e garanti della Verità: anche le bambine vittime di violenza provocano? Anche i bambini violentati dai pedofili se la vanno a cercare?
Che cosa insegnerò ai miei figli? A mia figlia insegnerò ad aver paura degli uomini, a rifiutare il contatto con loro o, al contrario, a usare il proprio potere seduttivo per trarne vantaggi, invece che a godersi il dono dell'amore? A mio figlio insegnerò che l'uomo è cacciatore e che è nella sua natura disporre di altre persone a proprio piacimento, anche a prescindere dalla loro volontà? No, non ci sto. Per certuni è comodo affermarlo, per non perdere potere. Ma non è così, e chi sostiene il contrario mente sapendo di mentire.

In giornata il volantino è magicamente sparito dalla bacheca. In compenso, però, Paolo Poggio del GR2 è riuscito a mettersi in contatto con il parroco: questa è la trascrizione della telefonata e qui si sente l'audio.
Domanda: «Lei ha scritto “le donne facciano autocritica, quante volte provocano?” o non l'ha scritto?».
Risposta: «Capisce che se lei una frase la sgancia dal prima e il dopo, può far dire cose molto diverse da quelle che sta dicendo, no?».
D.: «Però questa cosa l'ha scritta?».
R.: «Le ritorno a ripetere quel che ho detto prima, cioè scusi quando lei vede una donna nuda cosa prova? Quali sentimenti prova? Quali reazioni prova?».
D.: «Beh ma questo che c'entra?».
R.: «Non so se è un frocio anche lei o meno, cosa prova quando vede una donna nuda? Non è violenza da parte di una donna mostrarsi in quel modo lì?».
D.: «Senta, ma quindi la sua tesi qual è, che se una donna...».
R.: «No no io non faccio tesi volevo soltanto porre un problema per riflettere, non ho tesi, non ho niente da dire, solo riflettere, non facciamo delle ideologie che poi... allora la saluto mi son stufato».
E riaggancia il telefono.

Allora, cerchiamo di mettere ordine.
Dapprima, il parroco fa una mossa ormai collaudata e molto in voga nel nostro Paese, quella che io chiamo la tattica del «sono stato frainteso». In pratica si dice tutto e il contrario di tutto e poi si sostiene che alcune frasi siano state decontestualizzate e strumentalizzate. Quando ti esprimi in pubblico, però, non sei solo responsabile di quello che dici, ma anche di prevedere come il tuo discorso sarà recepito e di provare a immaginare le reazioni. Troppo comodo tirare il sasso e nascondere la mano.
Poi: quando un uomo vede una donna nuda, o esperisce determinate reazioni (ossia la violenza «provocata» dalla donna stessa? Sorge il dubbio...) oppure è omosessuale. Anzi, è un frocio tout court. In un colpo solo discriminiamo gli omosessuali e trattiamo da bestie incapaci di autocontrollo gli uomini eterosessuali. Fossi un uomo mi offenderei.
Inoltre, il colpo di genio: una donna nuda fa violenza nei confronti di un uomo. Quindi la violenza non è lo stupro, la tortura, l'omicidio: la violenza è tutta femminile, quella dell'uomo è legittima difesa? Forse è un caso, ma qui si torna a un passo di Tommaso d'Aquino citato da Pontifex.Roma: la violenza è condannata, la legittima difesa no. Ora i conti tornano. Nessuno, però, mi toglie l'impressione che un uomo che percepisce la nudità femminile come una violenza abbia seri problemi psichici.
Per finire, sostiene di aver voluto dare solo uno spunto di riflessione. Io questa non la chiamo riflessione, ma intolleranza. Questa sì che è una forma di violenza, un insulto all'intelligenza e alla dignità dell'essere umano, uomo e donna. Bisognerebbe reagire con la massima intransigenza, fare il vuoto intorno a chi la pensa in questo modo e non permettere che possa ricoprire posizioni pubbliche. Quali insegnamenti possono venire dal pulpito di un intollerante? Se fossi una fedele della parrocchia di San Terenzo a Lerici, in questo momento direi una sola cosa, che è la stessa che dico in quanto semplice cristiana: NON IN MIO NOME.

Qualcuno avrebbe dovuto dire al Corsi, portavoce di una mentalità malata, repressa e depravata, una massima molto nota: meglio tacere e sembrare idioti che parlare e fugare ogni dubbio. Evidentemente non la conosceva, oppure ha voluto strafare.

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