«Non è vero che i mariti, quando vedono una bella donna, dimenticano di essere sposati: proprio in quel momento se lo ricordano dolorosamente».
Mark Twain
Metro, lunedì pomeriggio. Seduta di ritorno dal lavoro e con la vaga sensazione di avere due linee di febbre. Mi sento osservata, ma non ci faccio caso.
Arrivo alla mia fermata. Scendo e imbocco le scale mobili. Mi sento ancora osservata. Mi giro e vedo un ragazzo bello come il sole che mi fissa incuriosito. Faccio finta di nulla. Mi giro, e lui mi guarda ancora. Fingo ancora di non essermene accorta, ma poi non resisto e mi giro di nuovo: niente, è ancora lì. Mi volto dall'altra parte, ma sento rumore di passi: oh cavolo, sta salendo verso di me.
Mi sorride e attacca bottone. Mi racconta che viene dal Senegal e varie altre cose. Ci prova con me. In francese.
Fortuna che vengo dalle Alpi Marittime e che Città Mesopotamia gravita da sempre su Nice Ville (dico, in quale altra città d'Italia la strada principale non si chiama via Roma ma corso Nizza?). E poi dicono che l'inglese è la lingua del futuro e le altre lingue non servono più a niente...
Mi viene in mente l'aforisma di Mark Twain e lo faccio mio, rivisitandolo e adattandolo alla mia condizione di dolce fidanzata.
E poi, scherzi a parte, mi vengono in mente le parole della Professoressa MDL, buon'anima, alla prima lezione di francese della mia vita: «l'inglese è la lingua della tecnologia, è vero, e l'italiano è la lingua della storia e dell'arte. Ma il francese, ragazzi... il francese è una lingua per parlare d'amore».
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